"Dentro un ring o fuori non c'è niente di sbagliato a cadere. E' sbagliato rimanere a terra" (Muhammad Ali)

domenica 11 ottobre 2015

LA MIA "GARGANO RUNNING WEEK" 2015 - ***COMMENTO*** e ***FOTO***



A chi in queste ore mi chiede come è stata la Gargano Running Week alla quale ho partecipato ieri rispondo che è stata una gran bella esperienza, nel senso più completo del termine. Magari per qualcuno è stato un flop, determinato dalle pessime condizioni meteo che hanno pesantemente condizionato la prestazione: la 77 km sarebbe dovuta partire alle 6:30 ed è stata annullata dopo una notte di diluvio che ha reso impraticabile la Foresta Umbra, sommersa di pioggia; la partenza della 34 km è stata fatta invece slittare di un’ora ed è rimasta in bilico fino all’ultimo istante. Effettivamente la situazione era quasi disperata.
Arriviamo a Mattinata alle 18:45 di venerdi e riusciamo partecipare prima al briefing di presentazione gara, quindi ci spostiamo in piazza a ritirare i pettorali e pacchi gara. 

Briefing di presentazione gara

Ritiro pettorali




Il meteo peggiora di minuto in minuto, il tempo di mangiare una pizza e all’uscita dal locale piove già forte. Durante la notte vien giù una quantità impressionante di pioggia. Sveglia alle 6 e piove…piove….piove ancora di buona lena. Colazione alle 7:15 ed alle 8 siamo alla partenza. Come detto, partiremo alle 9:30, dopo un ultimo briefing nella sagrestia della Chiesa di Mattinata, mai luogo fu più “benedetto”!


In attesa di partire...


Se è vero, com’è vero, che cercavo questo tipo di esperienza, cioè non una 34 km da correre sul velluto, ma un percorso tecnico e complicato sul quale testare le mie reali capacità di adattamento per il futuro, beh…sono stato accontentato. E perciò sono molto soddisfatto!
Primi due kilometri di grande sofferenza: ho caldo, è umidissimo, mi sento imballato, non sto bene nel senso che non mi sento a mio agio. Parto con una maglia tecnica a manica lunga, le cui maniche tiro subito su. Nello zaino ho un ricambio a manica corta, ma aspetto di inzupparmi ben bene per sostituirlo. Fin da subito ci rendiamo conto che le salite, che immaginavamo meno ripide, ci costringono a camminare per lunghi tratti. Si sale tanto e lo si fa con pendenze importanti. Mattinata è un trail vero, molto tecnico. Tecnicissima è anche la discesa verso la spiaggia, dove faccio i conti con la mia prima “paura” da battere: le vertigini. Quando mi rendo conto di dove sono, che la roccia resa scivolosa dalla pioggia scende giù quasi a strapiombo in un paio di tratti e che io devo passare da lì per forza, raccolgo le energie mentali “nascoste” in ognuno di noi e cerco di non guardare giù. Inutile dire che non ci sono foto di questo tratto! 
Scendo di incoscienza, ma sempre con piedi a mani ben salde. Non sono elegante, anzi, scendo di culo più che di gambe, ma concludo la discesa. Da lì mi tuffo in un lungo discesone corribile dove do sfogo ad una corsa sciolta che sarà forse l’unica di questa gara. Arriviamo su una spiaggia, che spiaggia non è, ma che in realtà si dimostra fin da subito essere una infinita distesa di ciottoli assassini. Mai visti tanti ciottoli in vita mia! Santa pazienza, saranno due kilometri che percorrerò in più di venti interminabili minuti. 

Spiaggia di Mattinata

Il paesaggio è unico, ma quanta fatica!!! Non me ne rendo conto subito, ma credo che in questo tratto darò un duro colpo alla bandelletta del mio ginocchio sinistro. Lì per lì non la sento, anche perché subito dopo la spiaggia si attacca con una lunga salitona che porterà su al Monte Saraceno e non finirà praticamente mai. E lì il ginocchio, in salita intendo, non mi fa male. In salita, dove ormai cammino sempre, mi raggiunge il compagno di squadra Gigi Rizzo, con quale correremo quasi tutto il resto della gara. Sempre su questa infinita pendenza cominciamo a formare un bel gruppo di baldi giovani, coi quali affronterò e sconfiggerò la mia seconda “paura”: quella di restare da solo… e perdermi.




Via via che si sale, su un percorso sempre più bello, ma tecnico, durissimo, allo spasimo delle forze fisiche e mentali, dopo salite di kilometri, la nebbia è sempre più fitta, si mischia alla pioggia ed al vento che comincia a soffiare in quota e ti dà una sensazione di freddo fastidiosissima. Arriviamo ad un tratto in cui dovrò anche qui recuperare tutte le mie energie e salire un breve ma intenso e scivolosissimo tratto di costone tenendomi ben saldo ad una corda. Bella esperienza anche questa. Il gruppone è ora formato da almeno 7/8 unità, guidate da un signore di Salerno che sembra fisicamente e mentalmente il più preparato: è un trail runner di discreta esperienza, un omone di almeno 100 kg con due polpacci grossi quanto le mie cosce. Nel 2014 ha corso e portato a termine l’UTMB. Inutile dire che gli farò un paio di domande su quella gara che mi affascina così tanto e che rappresenta il mio sogno nel cassetto. Gli chiedo ad esempio se l’andatura che stiamo tenendo è la stessa che si tiene su una gara così epica come l’UTMB e lui mi dice che su 40 ore di partecipazione ha quasi sempre camminato a quell’andatura. E’ chiaro che i top runners corrano e saltino come stambecchi, ma è altrettanto chiaro che un corridore normale attacchi una salita percorrendola a piedi e quasi mai di corsa, altrimenti è la fine. Mi rinfranca.




Le condizioni meterologiche, nel frattempo, diventano sempre più uno schifo: ormai piove quasi sempre, ma la condizione peggiore è data dalla nebbia fittissima, che ci impedisce di tenere un sentiero e soprattutto di scorgere le bandierine che lo segnano ogni 100/120 mt. La visibilità è al limite, ci perdiamo almeno due o tre volte, una delle quali più a lungo, e ci tocca tornare faticosamente indietro all’ultima bandierina utile per ritrovare il bandolo della matassa. Tra l’altro, più si sale più aumenta l’intensità del vento il quale, nonostante l’abbigliamento anti vento, penetra all’interno fino alla pelle e dà una sensazione di freddo sempre maggiore a contatto con gli indumenti ormai fradici. Per fortuna all’altezza del ristoro del 17 km un membro dell’organizzazione ci viene incontro e ci guida verso una strada asfaltata che ci invita a percorrere per ritornare indietro.



Da lì in avanti la gara viene deviata, per noi e per chi ci segue: su a Monte Sacro piove a dirotto e tira un ventaccio della malora. Dopo un breve ristoro ci dirigiamo verso il paese di Mattinata. Qui perdo il gruppone, che percorre di corsa questa lunghissima discesa, mentre io arranco dolorante a causa del riacutizzarsi del dolore alla bandelletta del ginocchio sinistro, che in discesa evidentemente viene sollecitata maggiormente. Sono costretto a fermarmi diverse volte ed il dolore è a volte molto intenso. Devo comunque procedere, perché una delle cose che ho imparato, tra le altre, da questa esperienza, è che nei trail se ti fai male non è che aspetti l’ambulanza, ti carica e ti porta dove deve, ma spesso comunque devi cavartela da solo alla bene meglio, almeno fino a raggiungere un punto dove il soccorso sia più fattibile. E invece lì, su quella discesona, non solo non passava nessuno, essendo tra l’altro una deviazione dell’ultimo minuto, ma la pioggia nel frattempo diventava a tratti un diluvio e nei tratti più esposti tirava un ventaccio che ti spingeva a correre per scaldarti e restare in movimento, piuttosto che fermarti a rimuginare.




Taglierò in traguardo al 26° kilometro circa, nove dopo la deviazione gara e otto prima della scadenza naturale del trail, che era di 34 km. Gigi, che faceva parte del gruppone di su e che perderò all’inizio della discesa, arriverà quindici minuti prima di me, quindici minuti in appena otto kilometri. Giusto per far capire quanto il dolore al ginocchio e l’impossibilità di procedere spedito su asfalto e per giunta in discesa mi abbia rallentato.
La sensazione è che se fosse continuato tutto in quelle condizioni l’avrei maledettamente sofferto. Se le condizioni meteo fossero migliorate, avrei sofferto ugualmente, perché il ginocchio mi dava problemi e non so quanto a lungo sarei riuscito a tenere il passo dei miei compagni. Bene è stato che sia andata così, alla fine.



In definitiva, il Mattinata trail mi ha dato tante emozioni e ringrazio l’organizzazione per aver gestito al meglio che poteva (secondo me) situazioni di discreta criticità. Sono stati tutti gentilissimi, professionali, ognuno si è messo a totale disposizione di tutti noi atleti iscritti.
Avevo già assaggiato una esperienza di sterrato più lunga e molto sofferta con la 42 km dell’Ecomaratona dei Monti della Tolfa dello scorso aprile, anche se lì le pendenze non erano proibitive. Mi ero un po’ scoraggiato per aver camminato tanto anche in quella occasione. Al Mattinata Trail, in condizioni ben più critiche e su un terreno tecnicissimo, me la sono cavata tutto sommato bene, a parte il guaio al ginocchio che non è prevedibile, ma che può capitare. Non mi vergogno di aver camminato a lungo, anzi, ho avuto la conferma che per noi comuni mortali camminare a lungo è una condizione essenziale per portare a casa la pelle. E di questo farò tesoro nei miei prossimi allenamenti.



Alla vigilia del Mattinata Trail ho detto che avrei preso questa gara come un banco di prova, per capire le mie reali condizioni fisiche e mentali di attitudine a questa disciplina: se devo tirare le somme dico che “sono intelligente, ma ho bisogno di applicarmi di più”, come a scuola. E’ tutta questione di allenamento, fisico e mentale. Ho bisogno di potenziare la carrozzeria con allenamenti più lunghi, più tecnici. Non importa nulla la velocità, ciò che conta è fare tantissime salite e discese, anche su terreni impervi, purchè lunghi, o da ripetere più volte, anche camminando, il resto non importa davvero. Ciò che mi serve è fare molta strada, proprio tanta. A questo punterò nei prossimi mesi. Non farò altri trail per adesso, men che meno quello degli Ulivi a Ravenna, che avevo scelto per ottenere un punto di qualificazione per fare la preiscrizione ad una delle gare dell’UTMB 2016: finirebbe male, forse molto male e il punto non lo avrei comunque. Non ho possibilità oggi come oggi di ultimare una 44 km in ambiente appenninico. Bisogna essere realisti ed evitare di farsi male per la fretta. Le cose vanno fatte con calma.
Alla fine della gara ho velocemente salutato il signore salernitano che avevo incontrato lungo i sentieri del trail. Il mio saluto è stato “arrivederci sul Monte Bianco!”. La sua risposta: ”puoi starne certo, contaci!”. Amen.


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