"Dentro un ring o fuori non c'è niente di sbagliato a cadere. E' sbagliato rimanere a terra" (Muhammad Ali)

domenica 20 novembre 2016

La mia Salento Half Marathon 2016 - Collepasso (LE) ***FOTO***



Altra cronaca di gara, un altro bel traguardo tagliato in una classica mezza maratona salentina, la Salento Half Marathon di Collepasso.
Devo essere sincero: dopo l'estate scorsa e la scarsa preparazione che è seguita alla 50 km di Arezzo della passata primavera, mi ero riavvicinato alle gare con una certa titubanza e non avevo fatto mistero di essere andato a correre la Maratona di Lecce di due settimane fa senza troppa convinzione. Non solo la Maratona di Lecce è andata meglio di come mi aspettassi, ma pare incredibilmente avermi rigenerato!



All'indomani della 42 km del Barocco, anzichè sentirmi indolenzito ed acciaccato, ho ricominciato a correre molto bene, con una certa fluidità e scioltezza. Nulla di clamoroso, chiaro, ma mi sento molto bene. Tanto da avere voglia di andarmi a correre una mezza quindici giorni dopo, cioè oggi. E da programmare già di correre la prossima: Corigliano o Monopoli, l'11 dicembre, lavoro permettendo, si intende.
Oggi in compagnia dei miei amici Massimo e Salvatore ho fatto proprio una gara tranquilla. 


Sono partito piuttosto veloce, correndo i primi 10 km al di sopra dei miei ritmi del periodo (piuttosto bassi), poi ho pagato nel tratto finale. Arrivo più o meno fresco al traguardo volante dei 13,700 km, dopo di che la gara continua fino ai classici 21,097. Ma da qui in avanti arrancherò, con pochissima energia nelle gambe ed il fiato abbastanza corto. Tuttavia mi ritengo soddisfatto, non fosse altro per l'entusiasmo ritrovato e la voglia di programmare questi ultimi scampoli di 2016, ma soprattutto il 2017! Chiuderò Collepasso in un rispettoso 1h 54'. E, ripeto, questa sera mi sento abbastanza bene, tonico e convinto, che è la cosa più importante.



Martedi ricomincio a calcare i sentieri da trail. Ma questa è un'altra storia, della quale parlerò a breve.
Alla prossima.


lunedì 7 novembre 2016

LA MIA MARATONA DEL BAROCCO (LECCE) 2016

4 ore, 22 minuti e 37 secondi il tempo necessario all’eroe di questo blog per chiudere i 42 km e 195 metri della sua personale 11.ma Maratona in carriera, la prima a Lecce città.
Detta così, la faccenda assume un tono ragionieristico che poco o nulla si addice ad una corsa, la maratona appunto, che è invece il risultato di un mix incredibile di sensazioni, stati d’animo, un susseguirsi di sussulti e crisi che ti accompagnano fin dallo start per tutto il percorso, fino al traguardo.
La prima edizione della Maratona del Barocco corsa ieri a Lecce mi è piaciuta. Ecco, così sgomberiamo il campo da ogni dubbio. Una bella manifestazione, strutturata bene, corsa da più di mille runners. Migliorabili alcuni aspetti, ma figuriamoci: io ancora mi meraviglio che ci sia gente come Simone Lucia, il “patron” della gara, così folle da voler mettere su manifestazioni coraggiose come questa in un clima di assalto all’arma bianca di un esercito di matti che è diventata la società nella quale viviamo oggi, nel 2016. Tutti pronti a saltarti addosso, o quasi, al minimo errore. Qualche solido in più ai ristori ed un rettilineo di 24 kilometri, dritto come un fuso, la Lecce-San Cataldo, da spaccare il cervello del runner più solido. E’ vero, il percorso non ha aiutato, ma 42 km sono tanti, ragazzi! Già il fatto che se ne siano corsi almeno 15/16 in una città “difficile” come Lecce è un grande successo!
La mia Maratona del Barocco inizia la notte precedente: mi ritiro prima e perfettamente sobrio e me ne vado a letto. Mi addormento alle 3! Ma porca miseria!!! Giuro che la prossima volta mi ubriaco di Sambuca con gli amici e così me ne vado a letto all’una ed è sicuro che prendo sonno prima. Alle 6 suona la sveglia ed io mi sento uno zombie. Metto il naso fuori casa e mi sento una raffica di vento caldo e appiccicoso in faccia. Sciroccone, forte. Ora, chi corre ha due nemici: il vento (il primo in assoluto) e lo scirocco, che rende tutto umido ed appiccicoso. Non ho mai viso tanta gente fermarsi e ritirarsi in una maratona. Le scope andavano e venivano con un ritmo incredibile lungo il percorso a caricare podisti in difficoltà. Molti disidratati dalle condizioni meteo e, secondo me, molti sfiancati da quell’interminabile rettilineo tra il 12° ed il 36° kilometro. Fortuna, l’unica sul versante meterologico, che il cielo era nuvoloso e non c’era il sole pieno, altrimenti davvero sarebbe stata durissima.
Personalmente, percorro molto bene i primi 15 kilometri, ad un ritmo mai inferiore ai 6’ a km, quasi sempre sulla soglia dei 5’40” che, ai bei tempi, prima che il trail running mi rallentasse moltissimo, mi consentivano di chiudere al di sotto delle 4 ore. Tempo impensabile oggi. Passo alla mezza in 2h e 01 minuto, in linea col tempo che mi ero prefissato, anzi, anche meno. Procedo quasi sempre allo stesso ritmo, da solo, quasi mai affiancato ad altri runners: ho un passo tutto mio e capisco che in una situazione di alienazione totale data dal percorso “dritto e a bastone”, l’unico modo per non soffrire l’ascolto della ripetizione dei propri passi che battono sull’asfalto è isolarsi mentalmente. Una sorta di improvvisato training autogeno che funziona alla perfezione fino al 30° km.  Da lì in avanti vedrò ai bordi della strada interi gruppi camminare, chi in preda ai crampi, chi a dare di stomaco, chi con la testa china e sconsolata. Il mio ritmo nel frattempo è salito a 6’05” -6’10” a km. Al 32° vengo raggiunto e superato dai pacer delle 4h 15’, che non mi staccano, però. Ascolto la ragazza "peperina", che li guida, incoraggiare il suo gruppetto e i runners che incontra per strada. Ripete che mancano “solo” dieci kilometri e che è come se stessimo correndo, da lì in avanti, un Corripuglia da 10 km.
La maratona è fatta di episodi, dettagli, e asseconda del dettaglio che ti ritrovi strada facendo, lei prende questa o quell’altra piega. Un crampo, crack; un guaio ad un articolazione, fine; è lunga abbastanza, quel tanto che basta per non farti mai stare tranquillo, fino all’ultimo metro. Io incontro questo gruppo di pacer, che mi superano, ma di poco, mai troppo lontano per non sentire la loro scia, almeno fino al 36° km.
Siamo al ristoro dello stadio Via Del Mare. Qui affianco Luigino De Giorgi, mio compagno di squadra, che da lì a poco supererò. Qualche kilometro pRima avevo abbordato anche Tonio, un altro carissimo amico, col quale ci eravamo scambiati un paio di battute. Sono stanco. Il mio Garmin mi tradisce ancora: ormai la batteria non regge manco più le 3h e mezza e mi riprometto che questa volta è l’ultima. Lo cestino. Mi fermo per bere e per riprendermi. Sono pochi secondi, una ventina in tutto, che percorro camminando. Tanti ne bastano per spezzare definitivamente il ritmo e mandare alle ortiche il già precario equilibrio del training autogeno che fino ad allora mi ero imposto.
Dal 36° km all’arrivo è un susseguirsi di crisi più o meno forti. Al 40° sono costretto, mio malgrado, a camminare per altri 100-150 mt. Gli ultimi 2 kilometri saranno così. I pacer arriveranno alle loro 4h 15’. Io sette minuti dopo, persi in sei kilometri. Se loro andavano a 5’50’ io andavo ormai a più di un minuto in più a kilometro, insomma.
All’arrivo sono cotto, oggettivamente. Ma sereno. Ne ho vissute di peggio. Il resto delle considerazioni anche su questo momento, le lascio alle conclusioni.
CONCLUSIONI.
Ho corso la mia 11.ma maratona; mi è piaciuta; ho imparato tanto in termini di gestione di una gara complessa, non si finisce mai di imparare! Avevo alla vigilia 32 km di allenamento massimo percorso nelle gambe e considero un grande successo, di testa e di gambe, aver chiuso dignitosamente. La testa va bene, ha superato un’altra prova; le gambe vanno bene, voglio prendere questi 42 km per quello che sono e per l’obiettivo che mi ero prefissato alla vigilia: un trampolino di lancio sul quale far partire la preparazione per i trail che ho in mente di correre il prossimo anno. Da qui ad allora, insomma, non devo mollare! Lecce è il mio nuovo inizio e se la salute me lo consentirà da ora in avanti, a parte le tradizionali 21 da correre da qui alla fine dell’anno, cercherò di riprendere lo sterrato. Se c’è una cosa sulla quale devo lavorare in futuro, quella è l’alimentazione in gara: ieri ero stanco, ma non sfinito, muscolarmente parlando, mentre invece ho accusato dall’arrivo alle successive 2/3 ore una tremenda nausea. L’alimentazione, per lo più zuccherini, mi dà noia. Devo trovare una alternativa, perché non è la prima volta che mi capita di soffrire di stomaco dopo la gara.
Per il resto, oggi va benone. Sento di aver già recuperato alla grande. Avrei potuto anche correre, cosa impensabile qualche anno fa, quando, all’indomani di una 42, non riuscivo neppure a stendere o piegare una gamba.
Domani si ricomincia.