"Dentro un ring o fuori non c'è niente di sbagliato a cadere. E' sbagliato rimanere a terra" (Muhammad Ali)

lunedì 26 febbraio 2018

La mia CORRI A LECCE 2018 ***TANTE FOTO***

Fare di necessità virtù è un modo di dire e sta a significare che quando si è in difficoltà, davanti ad un ostacolo apparente, si può trarre nuova forza e slancio per superarlo, ribaltando la situazione sfavorevole di partenza. E' una condizione mentale, dello spirito, che sta alla base della "resilienza", così descritta: "In psicologia, la resilienza è una parola che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.
Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e persino a raggiungere mete importanti" (Wikipedia).
Chiariamoci fin da subito, a scanso di equivoci: il resiliente non sono io. Anzi, tutt'altro: io sono effettivamente un ipocondriaco, nel senso che anche davanti ad un'unghia incarnita penso già che potrebbero amputarmi non solo il dito, ma magari, se mi va male, anche il piede; e finanche la gamba, se proprio mi va da schifo! Chiarito questo aspetto, a volte provo ad fare il resiliente, perchè a dirla come la direbbe Forrest Gump "resiliente è chi il resiliente fa, signore!".
E quando ho trascorso l'anno passato praticamente fermo per una lesioncina al polpaccio, che la mia ipocondria aveva trasformato in una scampata amputazione di entrambe le gambe, allora mi sono avvicinato al Crossift. Ed ho fatto di necessità virtù. Adesso che la mia ipocondria sta trasformando un discreto fastidio al gomito destro in un'epicondilite cronica, il mio spirito resiliente mi sta facendo correre. 
La vita mi sta offrendo la possibilità di infortunarmi, alternativamente, una volta ad una gamba, una volta ad un braccio. E così, sempre alternativamente, posso provare a tirare su un bilanciere o a percorrere 21 km. E non mi devo lamentare più di tanto, anzi! Non mi lamento affatto. 
Non mi lamento al tal punto che a dicembre, quando ho ripreso a correre dopo un anno di stop, a Corigliano ho percorso 21 km in 1 h 57'. Un mese fa, a fine gennaio, ho chiuso la mezza maratona di Gallipoli 1h 50' 40". Ieri, quando attorno al dodicesimo kilometro mi è passato affianco un treno di quattro podisti che andavano forte, ho tirato fuori il mio spirito resiliente, mi sono agganciato, ed ho chiuso la mezza di Lecce in 1h 50'32", otto secondi meno di Gallipoli. 
Dovrei essere triste per colpa di questo braccio dolorante, ma adesso non è tempo di esser tristi. Le gambe girano,lasciamole girare.






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