E’ il quinto post che dedico all’Arrancabirra sul mio blog. Cinque edizioni corse su 11 disputate. Da quando otto anni fa lessi distrattamente su una rivista di running (mi pare fosse Correre) un articolo nel quale si parlava di questa manifestazione goliardica che si svolge a Courmayeur ogni secondo sabato d’ottobre, è stato un crescendo di emozioni e di sensazioni ogni anno sempre più intense.
Ogni anno mi dico che “basta”, che sarà l’ultima edizione,
che non è da persone sane di mente percorrere 1400 km (andata ed altrettanti di
ritorno) per andare a correre sta “carnevalata”; e puntualmente ogni anno che
passa la carnevalata prende il sopravvento su di me.
Se è vero come diceva Erasmo da Rotterdam che la vita umana
nel suo insieme non è che un gioco, il gioco della pazzia, allora questo gioco
pazzo che è l’Arrancabirra non può lasciarmi, né posso allontanarmi da esso, in
quanto ormai fa parte della mia vita e, come tutte le cose folli, che spesso
nascono dal caso, il caso in persona l’ha portata da me ed io mi ci sono fatto incastrare.
Ogni anno porto gente nuova a Courmayeur: dopo il primo anno
in solitaria con mio cugino Alessandro, il secondo con un gruppo di famiglie di
amici, poi con 11 compagni di squadra, poi con altri amici diversi, quest’anno
diversi ancora. Cinzia, Fabrizio, Antonio, Sandra, Mia moglie. E già si
prenotano quelli per il futuro.
Che ne sarà del futuro? Non lo so e non lo voglio sapere.
Sarà quel che sarà. Io mi godo gli splendidi ricordi legati a questa fantastica
edizione 2016, una delle più belle in assoluto: meteo perfetto, birra bella
fresca, tantissimi amici incontrati per strada, sentieri fuori di testa
(attenzione, i single track esposti dopo il Curru cominciano a diventare sempre
più sottili!), peccato solo per il sempre poco tempo a disposizione, che mi
impedisce di fermarmi di più a chiacchierare! Ma ringrazio iddio già per quello
che mi è concesso. Non posso permettermi più di una, massimo due uscite fuori
regione l’anno, e dedicare anche un solo weekend alla Valle d’Aosta è un’esperienza
che a me personalmente arricchisce tanto. Quando vi entro dall’autostrada resto
abbagliato dalle sue montagne e dalla Dora che mi accompagna fin sotto il
nastro di partenza. Quando vado via è sempre una giornata triste.
E’ inutile continuare a parlare di dati tecnici, sarebbe un
sacrilegio all’Arrancabirra: dico solo che, complice il bassissimo ritmo di
corsa tenuto con mia moglie, Piera, eroicamente all’arrivo senza un giorno di
allenamento specifico, me la sono proprio goduta senza un filo di stanchezza,
affrontando un paio di salite impegnative (dopo il Bertone e prima di Tete de
la Tronche), tirando a perdifiato per vedere come salivo e fin dove arrivavo
con la testa e coi polmoni. Ottime sensazioni nel complesso.
Adesso, dopo i 50 km di Arezzo della passata primavera ed
una estate non idilliaca dal punto di vista degli allenamenti e delle
prestazioni, preparo questa maratona del prossimo 6 novembre a Lecce con l’unico
obiettivo di tagliare il traguardo, se ci riesco, con qualsiasi tempo. Non me
ne frega nulla del tempo. Così come l’Arrancabirra, anche la maratona di Lecce
sarà propedeutica a ben altro: per il 2017 gli obiettivi sono due, entrambe proibitivi
e “maledettamente difficili” oltre che legati alla sorte: i sorteggi per la
Zegama-Aizcorri a maggio e per l’OCC a settembre. Due follie, forse la prima ancor
più della più che la seconda. Con la prima gara che escluderebbe la seconda e
viceversa, nel senso che non posso permettermi di farle entrambe. E con la
sorte che escluderebbe entrambe, nel senso che potrei non essere sorteggiato né
per la prima (come avvenuto già nel 2016) né per la seconda. In questo caso,
probabile, possibile, dovrei ricominciare dalla conquista del punto ITRA che mi
consenta di riprovarci nel 2018. E dall’Arrancabirra!
Sogni? Può essere. Non è forse il sottotitolo del mio blog che recita "la gente vive di illusioni"?