"Dentro un ring o fuori non c'è niente di sbagliato a cadere. E' sbagliato rimanere a terra" (Muhammad Ali)

domenica 27 maggio 2012

CORRI IN AIUTO 2012 - *COMMENTO* e *TANTE FOTO*


Il meteo incerto ci ha fatti tribolare un pò, ma alla fine abbiamo consegnato agli archivi una delle più belle e meglio riuscite edizioni della “Corri in Aiuto”, manifestazione podistica non competitiva organizzata dal Rotary Club di Nardò presso lo splendido Parco di Portoselvaggio.
Giunta ormai alla sua sesta edizione,  la corsa consente al Rotary di raccogliere fondi a favore del Progetto “End Polio Now”, che si prefigge di sconfiggere definitivamente la poliomielite, una malattia terribile che miete ancora troppe vittime tra i bambini, soprattutto in Africa. Ogni quota di iscrizione serve a finanziare decine di vaccinazioni (un vaccino costa pochi centesimi!) e quindi a salvare centinaia di bimbi da morte certa.
“Correre in aiuto” si è quindi trasformata per i circa 80 partecipanti in una occasione per percorrere in amicizia ed allegria i quattro o dieci kilometri di sentieri di media difficoltà, ma di grande suggestione selezionati dalla società podistica Sport Running Portoselvaggio di Nardò come percorso per la manifestazione e per compiere allo stesso tempo un gesto di grande solidarietà ed importanza sociale.
Alla fine anche la prevista pioggia della vigilia ci ha risparmiati ed ha consentito a tutti i partecipanti di portare a termine la loro corsa, ognuno con i propri tempi e secondo il proprio grado di allenamento.
Si ringrazia come sempre per la cortese disponibilità la ditta “Mebimport” di Leverano per i fornitissimi pacchi gara consegnati a tutti gli atleti; “Dribbling Sport”, il negozio degli sportivi di Nardò, per le magliette tecniche a marchio Saucony personalizzate, donate anch’esse a tutti; le aziende vitivinicole “Schola Sarmenti” e “Sandro Bonsegna” di Nardò per le bottiglie di ottimo vino; l’amico Sandro Potenza e tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione della manifestazione ed alla messa in sicurezza degli atleti (Servizio Ambulanza  “Linea Verde di Maurizio Fiorentino ) ed alla chiusura del percorso (Polizia Municipale di Nardò); le società podistiche “ASD Città di Galatone” e “ASD Podistica Copertino” presenti al via; oltre che all’inossidabile Leonardo Pinto, responsabile dell’Ispettorato Ripartimentale Foreste della Regione Puglia che si occupa della manutenzione del Parco di Portoselvaggio.
Ci siamo divertiti, abbiamo goduto delle bellezze del parco e della sua macchia mediterranea, soprattutto siamo “corsi in aiuto” di tanti bimbi… insomma, grazie a tutti ed arrivederci al prossimo anno!










martedì 22 maggio 2012

Al bar dello sport


Finche la barca va…e lasciamola andare, senza stare tanto a chiedersi come va, perché va, dove va.
Ora come ora la barca sta a mare, naviga, pianino ma naviga.
Ieri, lunedi, ho testato il percorso della manifestazione podistica organizzata dal Rotary di Nardò in un parco di Portoselvaggio soleggiato e un po’ ventoso, ma caldo a coloratissimo come non mai. Dieci kilometri immersi nella natura rigogliosa del parco che è il fiore all’occhiello dell’intera comunità neretina e che domenica prossima accoglierà una bella manifestazione podistica amatoriale, non competitiva, per ribadire qualora ce ne fosse ancora bisogno il legame forte ed indissolubile tra sport, natura e solidarietà.
Oggi, invece,stasera, pur essendo uscito ieri ho accettato l’invito dei miei compagni di società che mi rimproveravano una troppo lunga assenza da un giro corso con loro, tutti assieme. Perché oltre a salute, sport, natura e solidarietà, la corsa è anche amicizia, almeno nel nostro caso.
Altri 12,740 km al piccolo e medio trotto, trascorsi a discutere un po’ di tutto, finendo col parlare come sempre della crisi e delle vicende politiche italiane. Una sorta di bar dello sport, on the road.
Alla prossima.

lunedì 21 maggio 2012

Corri in aiuto 2012



Sono anni che come società podistica di riferimento sul territorio di Nardò siamo invitati dal Rotary Club a dare una mano per l’organizzazione di “Corri in Aiuto”, una simpatica manifestazione podistica di primavera, interamente corsa lungo i meravigliosi sentieri del Parco di Portoselvaggio.
Abbiamo sempre deciso di accettare volentieri l’invito condividendo profondamente le finalità della manifestazione che ha carattere non competitivo, sociale, ed è finalizzata alla raccolta fondi per il progetto Polio Plus, che si prefigge di debellare la poliomielite, una terribile malattia che ancora nel 2012 miete migliaia di vittime l’anno, soprattutto in Africa, soprattutto tra i bambini nei primi anni della loro vita.
Vi invitiamo quindi a partecipare alla manifestazione, domenica 27 maggio, con raduno alle ore 8 e partenza alle ore 9 dalla Masseria di Torre Nova, nel Parco di Portoselvaggio. L’invito è rivolto anche anche ai podisti amatori di tutte le società sportive della provincia, che calendario agonistico alla mano saranno impegnati sempre nel pomeriggio di domenic,a a Tuglie, per disputare una importante gara Fidal a carattere regionale.
Idea: vista la goliardia e la non competitività della “Corri in Aiuto”, gli stessi potrebbero riscaldare i muscoli a Portoselvaggio, respirare un po’ d’aria buona in riva al mare, per poi dare il meglio di se stessi nel pomeriggio, puntando al sicuro record personale.
Provare per credere!


CORRI IN AIUTO - DOMENICA 27 MAGGIO – Organizzazione Rotary Club Nardò-
RADUNO ore 8:00 presso la Masseria di Torrenova, Parco di Portoselvaggio, Nardò.
Iscrizione (10 euro che andranno in beneficienza per finanziare il Progetto “Polio Plus” di Rotary International) e consegna pettorali (del tutto simbolici, trattandosi di una non competitiva).
Ore 8:50 foto di gruppo e ore 9:00 PARTENZA.
Il percorso si sviluppa lungo due anelli: si comincia percorrendo il lungo viale sterrato in leggerissima salita che dalla Masseria porta a Strada Cucchiara e da lì svolteremo a destra, verso Torre Uluzzo, e poi dopo circa 200 mt ancora a destra attraversando il parco lungo un sentiero ampio e in leggera, ma costante discesa. Si rientra in Masseria dopo poco meno di 4 km (esattamente 3,870). Questo percorso, per la sua distanza relativamente breve e l’ altimetria quasi piatta, oltreché per l’ampiezza e la regolarità del fondo, è particolarmente indicato per i ragazzi e gli amatori, per coloro che vogliono effettuare un esercizio semplice e di breve durata ed intensità.
In Masseria ci si può fermare e riprendersi dalla fatica con un veloce ristoro, per poi continuare facoltativamente, se ci si sente pronti, per la seconda parte del percorso.
Giunti di nuovo su Strada Cucchiara, svoltando a destra sempre verso Torre Uluzzo, si entra questa volta nella parte sinistra del parco, lungo il sentiero che porta praticamente a ridosso della spiaggia di Portoselvaggio, molto ampio, tutto in discesa, ma più sconnesso. Prima di giungere alla spiaggia, si svolta a destra e ci si tuffa nella macchia mediterranea più fitta della Piana della Lea, dominata da una vegetazione bassa e spinosa, molto profumata e colorata, attraverso sentieri spesso stretti e sconnessi, con grado di difficoltà più interessante ed un’altimetria che da questo punto in avanti si fa un po’più impegnativa. Si lambisce la costa per poi risalire su, attraverso un sentiero in forte pendenza in salita, ma molto breve come distanza e quindi comunque accessibile a tutti. Sommando il primo anello (4 km) al secondo (6), la distanza totale del percorso sarà di poco più di 10 km.
Correndo ad un ritmo medio di 5’40” al km, passo alla portata di tutti, si percorre in poco meno di un’ora di corsa.
Al rientro in Masseria si potrà usufruire di un ristoro finale e verrà consegnato un bel pacco gara con prodotti alimentari.
Si raccomanda a tutti di indossare calzature adeguate ad un terreno sconnesso, abbigliamento leggero adeguato alle condizioni  meteo e soprattutto il possesso di un certificato attestante la sana e robusta costituzione perché, per quanto si tratti di una non competitiva, da percorrere anche alternando tratti di corsa ad altri di passeggiata veloce, si tratta pur sempre di uno sforzo sportivo che richiede un impegno fisico e motorio significativo, a tratti anche intenso. Vogliatevi bene innanzitutto!
A domenica.


giovedì 17 maggio 2012

SARA' DURA!

Uno splendido pomeriggio, una uscita ancora più bella e rilassante come non mai. A fine lavoro oggi siamo in due a saltare il pranzo per andarci a concedere una decina di kilometri di corsa a Portoselvaggio: siamo io e mia moglie.
Complice un imprevisto e gradito invito della piccolina dalla zia, un'uscita "familiare" erano almeno sette o otto mesi che non veniva fuori. Devo dire che la mia consorte sta migliorando parecchio nella corsa, pare che negli ultimi mesi si sia applicata con una certa costanza ed i risultati si vedono. Oggi siamo usciti su un percorso abbastanza impegnativo, che ricalcava di fatto quello ripetuto tante e tante volte in occasione della mia recente preparazione per la Collemar-athon, fatto di sali-scendi abbastanza lunghi e con pendenze di tutto rispetto.
Il ritmo è stato molto molto blando, a 6' a km di media, ma a me andava benissimo così perchè ho preferito la compagnia alla velocità e perchè ho avuto l'occasione di testare come con un pò di costanza e preparazione qualche corsetta organizzata possa anche vedere la famiglia Spenga al completo al via prossimamente.
Ad iniziare dall'Arrancabirra del prossimo ottobre, che a dispetto della partenza un pò carnevalesca e del clima arci-goliardico, è e resta pur sempre un trail di tutto rispetto, con una distanza di 18 km in montagna, su terreno spesso impervio e con un'altimetria da tre zeri su per il Monte Bianco.
Ora come ora posso dire che quest'anno a meno di sorprese dell'ultima ora l'arrancabirra la correrò con mio cugino Alessandro, come le precedenti due edizioni, con l'aggiunta di qualche new entry dal punto di vista sempre degli amici e... con mia moglie al seguito!
A correre non so come ce la manda, ma a bere birra, anche lei non scherza. Come dicono i miei amici No Tav: sarà dura!!! :)





domenica 13 maggio 2012

L'attesa



(Nardò- Baia di Uluzzo- Portoselvaggio)

E adesso, che succede?
E’ appena trascorsa una settimana intera dalla mia ultima maratona, quella di domenica scorsa a Fano. Sette giorni fa, come ora, salivo sul pulmino che mi avrebbe riportato a casa, stanchissimo, ma soddisfatto per aver portato a termine una nuova 42 km, l’ottava della mia carriera. Una maratona è un cerchio che si chiude, una di quelle cose pensate, volute, studiate, programmate; prima a tavolino, magari con in mano una rivista, un sito internet, un amico, un volantino o anche soltanto una precedente esperienza che ci induce a pensare di poter prendere in considerazione l’ipotesi di correre, tra tante, proprio quella manifestazione, proprio quella maratona. Poi comincia la fase della preparazione vera e propria, finalizzata almeno negli ultimi due mesi a quel tipo di percorso, a quel tipo di distanza.
E si tratta di cominciare a macinare kilometri e kilometri, con le persone che ti stanno accanto che cominciano a chiedere come mai stai perdendo tanto peso, come mai stai cos’ maniacalmente attento a fare un certo tipo di alimentazione, come mai ti vedono sempre per strada, sia che piova, sia che splenda un sole cocente a macinare decine e decine di km. Tutto per farsi trovare i più pronti possibile a quel momento, a quello sparo, al quale seguiranno nel mio caso dalle 3h 50’ alle 4h15’ di fatica, fisica, mentale e psicologica. Quando tagli il traguardo a volte la commozione è così tanta che scoppi in lacrime, perché ti rendi conto che portare a termine una maratona, voluta e costruita giorno per giorno, mese per mese, uscita dopo uscita, è un sacrificio immane che nessuno ti chiede di fare, se non te stesso e la tua tenacia. Ed è fantastico.
Ieri mattina nel corso di una trasmissione radiofonica si parlava e si rifletteva sul significato oggi quasi perduto del sentimento dell’attesa ai nostri giorni: i nostri genitori ed ancor più i nostri nonni vivevano “in attesa di…”
In attesa che la stagione fosse propizia per la semina, in attesa che fosse il momento giusto per la raccolta; in attesa che la lettera che avevano spedito arrivasse a destinazione ed in attesa di ricevere una eventuale risposta; in attesa che la natura e l’ordine naturale delle cose svolgessero il proprio compito, con meno interferenze possibili. L’elogio della lentezza, contrapposto alla sete ed al bisogno di velocità dei nostri giorni, per cui tutto passa e spesso neppure riusciamo a coglierne l’essenza.
Ecco, io credo che la maratona soddisfi in parte questo bisogno di riappropriarsi di un autentico sentimento di attesa, di lentezza: programmare, lavorare, seminare e raccogliere, stando attenti a non turbare l’ordine naturale delle cose. E forse, avendo bisogno in questo particolare momento della mia vita di riappropriarmi di queste emozioni, proprio per questo sto seriamente valutando l’idea di varcare una volta per tutte le Colonne d’Ercole dei 42 km e provare a correre un’ultramaratona.
Non ho ancora deciso quale sarà e non è questo il tempo per decidere dove e forse neppure se. Questo è il tempo per programmare, al massimo, valutare, ascoltare ancora una volta le sensazioni che la mia mente ed il mio corpo sapranno darmi nelle prossime settimane. Sto valutando diverse opzioni, tutte per il 2013: Strasimeno, 100 km del Passatore, Gran Trail della Valdigne, queste le tre opzioni per adesso nella mia testa. E non è detto che nessuna delle tre vada a buon fine, per intenderci.
Questa sarà intanto un’estate di corsa ed anche di bici: ho cominciato ieri con una trentina di km ed almeno una volta a settimana voglio inserire una variante al mio allenamento canonico. Sarà un’estate di corsa su spiaggia e bagni al tramonto, come sempre, con qualche puntatina poco ossessiva in qualche classicissima di paese.
A settembre, con calma, deciderò. Nel frattempo, si accettano e si valutano eventuali suggerimenti, ospitate, offerte…






giovedì 10 maggio 2012

Ai posteri

Scrivo questo post di ritorno da una lunga serata serata di lavoro. Praticamente è l'una e mezza e presto la sveglia risuonerà, quindi sarò breve.
Giusto il tempo per aggiornare il conta kilometri con gli 8.000 metri corsi questo pomeriggio davanti ad un mare cristallino, con scogli e spiagge ormai affollate, grazie anche alle splendide giornate di sole pungente che questo inizio maggio sembra volerci regalare.
8 km di scarico, dicevo, giusto per sciogliere un pò di acido lattico accumulatosi domenica scorsa nelle gambe, e davvero niente più di questo: oggi ero praticamente tutto un dolore, dalla schiena alle articolazioni del ginocchio e delle caviglie. Due legni al posto delle gambe ed un fiato cortissimo, che più corto non si può. Questo post lo scrivo "ai posteri", affinchè all'indomani della prossima maratona, se per caso dovessi avere la curiosità di andarmi a riguardare come è stato il giorno dopo di quella precedente, sia io stesso a dirmi: "Giusè, lascia perdere, riposati e dai tempo ai tuoi muscoli di riprendersi dalla sbornia di 48 ore fa!".
Adesso che le gambe non ne vogliono sapere, giustamente, di muovere un passo, lascio che sia la mente a spaziare un pò e già sogno le prossime uscite: per adesso, a parte l'Arrancabirra di ottobre, di sicuro sicuro non c'è nulla. 
Tra qualche giorno, quando avrò deciso cosa voglio fare da grande, probabilmente sarò più preciso. Buonanotte :)

lunedì 7 maggio 2012

La mia Collemar-athon 2012 *COMMENTO* e *FOTO*



Dicono che in molti casi, subito dopo il parto, la mamma si rifiuti per qualche minuto di tenere tra le braccia suo figlio appena nato. Alcune non vogliono saperne neppure di vederlo.  Il trauma dovuto al dolore delle doglie e della nascita è così forte da generare in colei che l’ha vissuto una specie di crisi di rigetto. Poi, per fortuna, nella quasi totalità dei casi, dopo pochi minuti si ritorna alla normalità e la gioia di una nuova creatura che viene al mondo prevale su tutto il resto.
Ecco, volendo proprio azzardare una improbabile similitudine, la sensazione che ho provato all’arrivo della mia ottava maratona è stata proprio quella: un rigetto nei confronti  della medaglia che una simpatica e sorridente signorina mia ha messo al collo e che dopo pochi secondi ho tolto e che non ho voluto neppure guardare. Me ne sono ricordato solo molti, ma molti minuti dopo.


Comincio proprio dalla fine per raccontare le sensazioni di questa ennesima avventura podistica, la Collemar-athon, vissuta molto intensamente e con grande “dolore” psico-fisico, e perciò catalogabile tra le più belle e le più sentite.
3 ore e 58 minuti è il mio secondo tempo di sempre sulla distanza dei 42 km, secondo soltanto alla maratona di Roma 2011 (il mio PB) e seguito da quello di Firenze, di un minuto e mezzo circa più lenta.
Collemar-athon è la maratona perfetta per quei podisti che cercano il massimo dei servizi a disposizione ed un percorso un po’ più impegnativo del solito circuito cittadino, generalmente molto pianeggiante e lineare perché concepito magari per fare il tempo. Ma veniamo a questo tempo.
Sveglia alle 5.15, dopo una notte trascorsa non proprio tranquillissima: prendo sonno non prima di mezzanotte perché il nostro albergo si affaccia su una delle piazze principali di Fano, affollatissima di bar e locali notturni presi d’assalto da orde di giovanissimi che faranno baldoria fin a ridosso dell’alba. E quando l’alba arriva e sgombrano il loro campo di battaglia, per un luna che va dormire un sole si alza ed una nuova battaglia è pronta per essere combattuta: la Collemar-athon.


L’hotel ci offre per contro una abbondante colazione ed io non mi tiro indietro perché la partenza è prevista per le ore 9: mancano quindi più delle tre ore della classica digestione e sarebbe un peccato non fare il pieno di carboidrati e calorie che di lì a poco saranno inesorabilmente bruciate tra le colline marchigiane, nell’infinita serie di salite e discese che caratterizzano il percorso che da Barchi ci porterà a Fano, attraverso i paesi di  Mondavio, Orciano, S.Giorgio, Piagge, Cerasa e S.Costanzo. Un percorso bellissimo e molto suggestivo , tra paesaggi da togliere il fiato, tipici della collina marchigiana, cesellata di puzzle dai colori caldi che compongono un orizzonte dondolato dalle colline che per noi podisti sembrano montagne insormontabili da scalare e che, subito dopo aver varcato la soglia dell’arrivo, ci fanno venire le crisi di rigetto!
Sono le 7:20 ed io sono uno dei primi a salire sul bus navetta che dal porto di Fano ci porterà dritti (si fa per dire) nelle mura della città vecchia di Barchi, attraverso una gigantesca porta monumentale, al di là della quale ci sono gli spogliatoi, il servizio di trasporto bagagli assicurato dai mezzi dell’esercito, un minibar che distribuisce the, caffè e biscotti agli atleti che a centinaia cominciano ad effettuare il primo riscaldamento.
Alle 8:45 sono al di qua della gigantesca porta, circondato da altri 1116 runners che, come me, attendono solo che la fanfara dei bersaglieri finisca di intonare le proprie note e che il cannone spari il fatidico “via”. Il cielo è coperto, stamattina è venuta giù anche una leggera pioggia che ha fatto abbassare un pochino la temperatura. Quel tanto che basta per convincermi ad allacciare attorno alla vita, sotto la canotta, una maglia a manica lunga di scorta la cui presenza mi tartasserà lungo l’inteo percorso.
Ma un boato secco ormai annuncia la partenza, che si svolge in una nuvola di coriandoli dorati e di bolle di sapone scintillanti sparate in aria da due cannoncini piazzati proprio sotto il palco di presentazione. La marea umana si riversa in strada, lungo il primo tratto che è in forte discesa e sarebbe un nonnulla farsi prendere dall’entusiasmo se non fossi stato più che abbondantemente istruito alla vigilia sui pericoli di un percorso insidioso, lungo il quale si fa presto a ritrovarsi a corto di fiato e benzina proprio a causa di una cattiva gestione dei primi kilometri di gara.


Così praticamente fino al 16° km procederò col freno a mano innestato in discesa e con grande attenzione in salita, cercando di godermi soprattutto lo spettacolo dato dai luoghi, dai personaggi, dai musicanti, dalle damigelle vestite nei costumi d’epoca che incontriamo lungo il percorso nei castelli, tra le mura medievali e nelle piazze dei comuni vestiti a festa che attraversiamo.
Attorno al sedicesimo km decido che forse è venuto il momento di trasformare quella che fino ad allora ho vissuto principalmente come una gita fuoriporta in qualcosa che somigli almeno un po’ ad una maratona agonistica e comunque competitiva.
E come il giocatore viene colto dal raptus del gioco al solo vedere davanti a se un tavolo verde, così succede a me quando mi accorgo di essere preceduto di soli tre-quattrocento metri  dai palloncini di colore bianco che indicano la presenza del gruppone guidato dai pace maker delle quattro ore. E da lì in avanti la musica cambia decisamente ed il demone della eterna sfida con il tempo si impossessa di me. Devo raggiungere quel gruppo, quei palloncini, superarli e tentare l’impresa che mi era già riuscita due volte in precedenza: scendere sotto le 4 ore. Questa scelta, me ne rendo conto, potrebbe costarmi cara nella gestione di una gara difficile, dall’altimetria molto dura e su un percorso che non conosco, ma la vita, della quale la maratona rappresenta forse davvero una delle metafore meglio riuscite, per quel poco che ne capisco avendola vissuta finora mi ha insegnato che è quasi sempre meglio avere nel cassetto un album di rimorsi che di rimpianti. E questa sembra proprio essere l’occasione giusta per provarlo.
Mi lancio all’inseguimento del gruppo e così sarà per i successivi tre km. Faccio di tutto per distrarmi e per non far percepire attraverso la testa alle mie gambe che sto forzando il mio tempo precedente di almeno dieci secondi a km. Ad un certo punto affianco una signora che sta chiacchierando con un veterano della maratona, e non solo: non chiedetemi adesso come si chiamava lui, indagherò in futuro e ve lo dirò magari in un altro post, ma ho corso almeno un paio di kilometri accanto ad una maratoneta molto esperto, autore di più di un libro che racconta le proprie corse su per le montagne di mezzo mondo, prima fra tutte il Monte Bianco: raccontava le sue imprese all’Ultra Trail del Mont Blanc ed io, chi mi segue ormai lo sa, ho un debole per quel monte e per quelle gare. Così, pur non avendole mai corse, me ne starei ore ad ascoltare il racconto di queste imprese. Vengo catturato dal discorso e quasi non mi rendo più conto, a un kilometro circa da Cerasa, che ho raggiunto i miei fuggitivi e che a ridosso della mezza maratona, che passo ad 1h e 59’, praticamente me li sono già lasciati dietro.
A sorpasso effettuato, lo ammetto, mi lascio un po’ prendere la gamba e tiro troppo. Al 24 km ci aspetta la più lunga delle salite, quella che si conclude all’ingresso di S. Costanzo e che mi costa tantissimo in termini di energia: vengo quasi riagganciato dal gruppo delle 4 ore, ma resisto strenuamente e non mi faccio sorpassare, perché già so che un sorpasso qui sarebbe disastroso a livello psicologico. Tengo duro e dopo l’attraversamento del comune si ricomincia a scendere.
Riprendo  il vecchio ritmo e distanzio nuovamente i palloncini, dando loro un distacco di tre-quattrocento metri alla fine della lunghissima discesa che ci porterà a ridosso del trentesimo km e che per me rappresenterà una mazzata terribile,  facendomi  vivere una nuova esperienza: le discese spezzano le gambe e le ginocchia forse più che le salite, sulle quali si va più piano di sicuro, ma che si affronti ano probabilmente con una concentrazione notevolmente superiore ed una impostazione tecnica tale da farti spendere di meno.
Da qui in poi, superatoil 35° kilometro, rientrati Fano, cominciano le visioni mistiche di fantozziana memoria. Al 37° km ho il tempo di recuperare uno dei miei compagni di squadra, Francesco, che mi aveva superato agevolmente attorno al 15° e che ora sta pagando dazio; ma tra qualche metro comincerò a pagare io, amaramente e con gli interessi: i kilometri dal 38° al 40° sono quelli della disperazione. Corro così male che riesco a farmi raggiungere nuovamente dal gruppo delle quattro ore ed il primo dei pace maker mi supera proprio all’ingresso del porto di Fano, lungo la passerella d’acciaio che perimetra il mare aperto separandolo dalla darsena interna. Gli altri sono tutti dietro.
Do uno sguardo al cronometro e sono abbastanza lucido per fare due conti. Passo al 40° km in 3h 47’; mancano due kilometri e 195 mt all’arrivo; se non stramazzo lungo per terra, non inciampo, non vengo colto da crampi o da qualche improvvisa crisi di vomito causato dalla enorme fragola che ho ingoiato al ristoro del 30° km e che mi sta dando di che penare, se tutto procede senza grossi disastri insomma, continuando sulla media dei 6’-6’10” a km che sto portando con le unghie e coi denti avanti da un po’ dovrei  comunque chiudere sul filo delle 4 ore. E sarebbe un’impresa storica, inimmaginabile alla vigilia.
Gli ultimi due km trascorreranno in realtà molto più agevolmente di quanto pronosticato: non inciamperò, non stramazzerò, non vomiterò, riuscirò a passare ancora una volta in testa al palloncino delle 4 ore e chiuderò a braccia larghe nel tempo di 3h 58’ 39”, bissando di fatto il tempo della prima metà della gara.
Il resto, se avete buona memoria, l’ho raccontato all’inizio.


Stamattina, al rientro a Nardò, chi sapeva della mia maratona mi ha chiesto com’è andata e mi ha fatto i complimenti. Vorrei ringraziare tutti i miei “tifosi”, diciamo così, e tutti coloro che alla vigilia mi hanno incoraggiato e mi sono stati vicini. Sembrerà strano, ma in quasi quattro ore di pensieri ne vengono tanti per strada e spesso a riaffiorare sono proprio questi ricordi, un incoraggiamento, una pacca sulla spalla, una parola, un in bocca al lupo, un sorriso fiducioso sono tutti mezzi  potentissimi che spingono un maratoneta che non ce la fa più a spingere l’ultimo passo oltre la fatica.
Questa maratona voglio dedicarla a tutti questi amici, alcuni dei quali magari neppure conosco di persona, uno per tutti Giorgio, un amico di Aosta conosciuto su Facebook solo poche settimane fa, che stamattina mi ha recapitato un libro scritto da lui e che sulla dedica personalizzata ha fatto riferimento proprio al mondo della corsa. E questo racconto, un po’ più lungo del solito, non a caso è dedicato a lui ed a chi, giunto fin qui, avrà dimostrato una passione per la lettura e per la scrittura degna di un piccolo-grande maratoneta quale io, nel mio infinitamente piccolo, mi sento.
Chi non sapeva della mia maratona, stamattina guardano la mia aria lievemente stravolta ed lineamenti del viso un po’ provato, vuoi per curiosità, vuoi per morbosità, vuoi per altri motivi, si è limitato a chiedermi il perché fossi dimagrito così tanto.  
Provaci tu, ho risposto, a partorire una medaglia…






venerdì 4 maggio 2012

Collemar-athon


Mancano ormai poche ore alla partenza per la Collemar-athon ( www.collemar-athon.it ) che si correrà domenica prossima da Barchi a Fano, nelle Marche.
Questo qui rappresenta credo il mio ultimo post prima del via, al quale seguirà, mi auguro, la cronaca e le foto di una bella 42 km da vivere senza impegni cronometrici particolari, ma con estrema tranquillità e nello stesso tempo determinazione.
L’augurio è di vivermela al meglio, affrontando con il giusto rispetto le tante salite e discese che mi aspettano. Se non fosse per questo fastidioso raffreddore che mi si è attaccato addosso da tre-quattro giorni sarei proprio al 100%, ma a meno di clamorosi ed inaspettati drastici peggioramenti, se anche dovessi partire così non si tratta di un acciacco di intensità tale da preoccuparmi più di tanto. E’ prevista pioggia per domenica e questo, raffreddore a parte, potrebbe rappresentare un punto a favore, visto e considerato che il mio ultimo PB (su una mezza) l’ho conquistato lungo il percorso piuttosto bagnato della mezza di Gallipoli.
Non cerco alibi, insomma, non è proprio nel mio stile: se domenica mattina alle ore 9 sarò ai nastri di partenza dell’edizione 2012 di Collemar-athon, potette stare certi che ci sarà da correre, sudare e divertirsi!
Potete seguire il mio cronometro anche su www.tds-live.com .
A presto, tifate per me.